La bicicletta ...

"La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un auto, se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da un unica vettura. Per portare quarantamila persone al di là di un ponte in un ora, ci vogliono dodici corsie se si ricorre alle automobili e solo due se le quarantamila persone vanno pedalando in bicicletta"
Ivan Illich "elogio della bicicletta"

martedì 18 gennaio 2011

Lettera pubblicata (in forma ridotta) nel Tirreno del 15 gennaio

Il giorno 6 gennaio Il quotidiano il tirreno ha pubblicato una mia lettera aperta nella quale, a proposito di mobilità, si esortava a camminare e pedalare di più ricordando quanto fosse semplice, efficace e salutare farlo in una città piccola e pianeggiante come questa.

Seguendo le discussioni di questi giorni a proposito del nuovo piano della mobilità, mi sono convinto di quanto fosse opportuno tornare su questi argomenti.

La strada che L'amministrazione Comunale sta intraprendendo sembra essere, a mio giudizio, promettente. La discussione pubblica, però, non potrà focalizzarsi solo su specifici punti, bensì dovrà estendersi al livello dell'intero piano per la mobilità, unitamente ed in sintonia con il piano regolatore, cioè con gli obiettivi condivisi di sviluppo sostenibile della città, dal punto di vista sociale, economico e della qualità del vivere.

Ha poco senso discutere di un parcheggio in più e di una strada in meno se non inquadriamo l'intervento dentro un piano organico esteso a tutta la città (PUM).

Qualsiasi moderno progetto per la mobilità parte da un presupposto: fino a 2 Km si va a piedi e fino a 5Km si va in bicicletta. Senza questa presa di coscienza nessun intervento può funzionare perchè, appare ovvio, non si possono avere parcheggi sotto ogni utenza, autobus che si fermano ogni 200 m, traffico privato senza limitazioni e, nello stesso tempo, avere spostamenti fluidi e veloci, aria pulita, poco rumore, e sicurezza per tutti. Una parte di strada la dobbiamo fare con le nostre gambe.

Giusto per fare un esempio possiamo parlare dei parcheggi che già esistono, e che andrebbero potenziati, collocati tra il ponte Santa Trinità e l'area portuale al limitare del terminal marittimo. La distanza con piazza Grande, baricentro del centro storico, è pari a 700 m, troppi? Se fatti a piedi comportano meno di 10 minuti di consumo di suole!

E' un fatto però che la loro semplice esistenza non ne faccia un elemento propulsivo per la mobilità, perchè? Solo in parte questo dipende dalla nostra pigrizia e dalla nostra errata percezione delle distanze, molto invece dall'organizzazione della città attorno a questo possibile nodo urbano. Ecco che diventa strategico il rapporto della città con le sue aree portuali (troppo trascurato in tutti i piani fini qui visti), il buon disegno dei percorsi pedonali da e per il parcheggio, e, ovviamente, l'ottimo studio dell' intermodalità, senza che si dimentichi alcun mezzo propulsivo e favorendo quelli a maggior sostenibilità, e basso costo, come i piedi e i pedali.

Se piazziamo un parcheggio in un qualsiasi punto della città senza che questa azione sia adeguatamente studiata all'interno di un piano generale che comprenda tutti gli aspetti della mobilità e dell' urbanistica combiniamo un pasticcio che solo la fortuna potrà evitare diventi un disastro.

Come secondo esempio non si può non accennare agli interventi previsti su via e piazza Grande. Se il presupposto è che così come sono le cose non vanno e che occorra rendere più attraente, vivibile, e quindi vissuta, sia la strada che la piazza, la logica ed inevitabile conseguenza è che si debbano ridurre auto, bus e ciclomotori. Questa considerazione porta come corollario che il traffico si sposti, in una qualche misura e in qualche modo, sull'anello del pentagono, fossi compresi, rendendo, forse, inevitabile l'attraversamento di piazza Cavour. Questa azione, come quella di piazzare un parcheggio, deve essere inquadrata in campo largo per poterne studiare gli effetti, su ogni aspetto e su ogni scala; In modo che insieme al locale svolgersi dei movimenti di mezzi si possa inserire nell'equazione tutto il traffico cittadino e, soprattutto, si possa ben disegnare la città, iaffinchè le sue strade e le sue piazze si possano riempire di gente. E' la gente che fa bella una città (e soddisfatti i commercianti) non le auto.

Gli strumenti e le tecniche di pianificazione e progettazione per fare bene ci sono, e sono anche ben maneggiate dai nostri tecnici, esterni ed interni alle amministrazioni.

E' inaccettabile che la discussione sul futuro della città sia banalizzata nei termini di “motorini si motorini no” o “piazza Cavour si o no”, riappropriarci della nostra città ed aiutare gli amministratori a guidarla meglio è possibile soltanto se come comunità sappiamo esprimere, oltre che una certa intelligenza collettiva, anche la capacità di percepire una direzione comune verso la quale andare. La prossima revisione degli strumenti urbanistici è una occasione da non sprecare.

Luca Difonzo

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